URLO FINALE

Alle prime luci la nebbia è ancora fitta,
tanto che la si può toccare.
Standoci dentro i fanti vestono i ferri e formano le fila, senza contarsi.
Ognuno dietro il suo stendardo a spalla dei compagni,
in silenzio, riascoltando le voci di iersera,
trascorsa a cerar gli scudi, tra il crepitio dei fuochi,
gli odori del vino, del cuoio conciato,
e del grasso ch'unge le armature.

L'attesa s'allunga,
gli usberghi ondeggiano e ciarlano,
mentre la nebbia si riduce a fili di ragnatele
che imprigionano le gambe e i pensieri dei guerrieri.
Così, mentre si dissolve, accarezza gli schinieri, sospesa dall'erba bagnata.
Gli uomino si cercano negli occhi:
chi ha paura? Chi dà coraggio?
I più scoperti dalla luce coi Rosari in mano
A contar preghiere alla Madonna.


Ancora i drappi fermi pendono
Come le braccia lungo i fianchi.
Al grido dei Baroni, s'alzano gli scudi a rispondere.
Riecheggia il nemico, or si vede pure.
Altre grida a scacciar paura e diavoli.
Finalmente muovono gli stendardi a chieder battaglia.


Gli ultimi sguardi.
Chi ha l'elmo lo calza, e si nasconde.
I respiri aumentano.
In fondo al pendio la cavalleria muove,
in ordine, prima della carica,
poi gli squilli di trombe,
il rumore degli zoccoli s'avvicina, aaumenta,
ora al galoppo,
salgono,
lancia in resta pronti all'urto,
i fanti puntano le lance,
ancora grida, e cavalli, e ferri, e paura,
son vicini, le aste tese, caricate del peso,
e ancora urla,
i cavalli tuonano,
odori, sudore e ancora grida,
urla e urla ancora,
è il momento , è l'impatto,
e poi ancora un urlo,
... finale.


(Stefano Castracane)

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